Percorso: S.Eraclio - Colle Scandolaro - Scandolaro - La Rocca - Campo Lungo - Costa del conte - Panoramica - Rovoglieto - Costa di Cancellara - Piano delle Quaglie - Cancellara - S.Stefano dei Piccioni - S. Eraclio
Indicazioni:
Lunghezza: Km 13 circa (7 ascesa - 6 discesa)
percorribile in tre ore circa.
Adatto a tutti con un minimo di allenamento
da vedere:
Percorso: S.Eraclio - Fico - Bivio Monastero - Direttissima Rocca - Fossacce - Rocca Campolungo - Costa del Conte - Panoramica - Madonna del Riparo - Scandolaro - Cancellara - Cimitero - Colle - S.Eraclio.
Indicazioni:
Lunghezza: 10 Km circa (4 ascesa - 2 falsopiano - 4 discesa)
percorribile in 3 ore.
Adatto a tutti
LA CHIESA DI SANTA MARIA IN CAMPIS IN FOLIGNO
La chiesa paleocristiana di Santa Maria in Campis, è posta lungo la Via Flaminia Vecchia, adiacente al cimitero cittadino.
Presumibilmente edificata nel V secolo d. C. secondo alcuni storici sarebbe stata la prima Basilica della Diocesi di Foligno.
Lo stesso Jacobilli ricorda che al tempo della compilazione della "LEGENDA" avvenuta dopo la metà del VII secolo, ma assai prima del secolo X, riguardante i due martiri Carpoforo e Abbondio, era ancora vivo il ricordo di una Basilica (una chiesa cemeteriale) che custodiva numerosi corpi di persone, sottoposte a martirio per non aver voluto rinnegare la fede cristiana, e fu proprio sul presunto luogo del martirio dei S.S. Carpoforo e Abbondio, che la tradizione vuole sia stata edificata la Basilica.
Nel 1138, il luogo è ricordato una prima volta come chiesa di Santa Maria de Fulginia e solo in seguito, precisamente nel 1188, acquisì il nome di Santa Maria in Campis, anche se in questo lasso di tempo, è ricordata come chiesa di Santa Maria Maggiore, in quanto riconosciuta come chiesa-madre (o matrice).
Fu proprio perché chiesa-madre, che radicò la prassi per cui il Podestà con tutto il suo seguito, per due giorni prima di assumere la prestigiosa carica, era tenuto a trasferirsi in questo luogo, sul cui altare doveva offrire un'oblazione di due ducati d'oro (Arch. St. Foligno) e solo dopo aver passato questi due giorni in preghiera e meditazione, gli veniva concesso di proseguire processionalmente in San Feliciano per deporre un pallio di seta presso l'altare del Santo Patrono.
Ritornando alla storia della chiesa, si sa che nel 1373, fu affidata ai monaci Cistercensi del Corpo di Cristo, per poi passare agli Olivetani fino al 1810, dopo di che fu custodita dal clero diocesano fino al 1903, allorché, su sollecitazione di Mons. Michele Faloci Pulignani, vi andarono di nuovo a risiedere gli Olivetani, che la abbandonarono definitivamente nel 1983.
Tra i monaci Olivetani, va ricordato ancora con affetto don Domenico Schenardi (1951-1971), il quale si dedicò con zelo e competenza a numerose opere di restauro e abbellimento dell'intero complesso. Costruì un nuovo campanile e portò alla luce alcune belle pitture attribuite a Nicolò di Liberatore, dedicandosi così fino alla morte, a ridare decoro sia al monastero sia alla chiesa.
Nel 1983, il tutto fu affidato ai francescani minori del vicino convento di San Bartolomeo di Marano. Dal 2009, ne fu parroco padre Mario Maiorano, coadiuvato da padre Mario Lorenzo Tucci.
Nel 1653, a proposito di questa chiesa, lo Jacobilli così scrive: "La chiesa, è situata circa un miglio romano fuori della città di Fuligno. E' antichissima ed è anche una delle prime erette alla Gran Madre di Dio ne' secoli antichi nella Diocesi di Foligno. Dalle tradizioni e monumenti di Fuligno si desume ch'era Matrice, Collegiata e Parrocchiale di un grosso villaggio di nome Campi (da qui il toponimo Campis), situato nel circuito di essa chiesa, e si estendeva sino al sito dove è l'altra chiesa di Santa Maria del Sasso (o di Sassonia), ed anco più avanti (...). Fu quel villaggio, con i suoi magnifici edifizi, distrutto dai longobardi circa l'anno 740 di N. S....". Il Bragazzi, invece, nel suo "Compendio della Storia di Foligno" del 1858, a riprova dell'antichità del tempio dice che: "La chiesa di Santa Maria in Campis, fu la prima nell'Umbria dedicata al culto della Beata Vergine...".
Anche il Lugano nella sua "Abazia Parrocchiale di S. Maria in Campis a Foligno" del 1904, parla ampiamente della chiesa e delle manifestazioni collaterali che si tenevano nel periodo della festa, affermando che: "La festa per così dire principalissima, fu sempre quella del 25 marzo, commemorante l'Annunciazione della Beata Vergine, anzi era questa la solennità a cui prendeva parte tutta la cittadinanza di Foligno,....sin dal 1425 solevasi organizzare una grandiosa fiera la quale durava sei giorni ((tre avanti la festa e tre dopo). A questa fiera si faceva facoltà di condurre, vendere e comprare animali e mercanzia di ogni specie. Sui primi del mese di marzo venivano eletti i Soprastanti alla fiera (in numero di sei) che pensavano a regolarla e a mantenere il buon ordine. Fu questa la prima fiera istituita in Foligno" e lo Jacobilli aggiunge che: "Dalla fiera di marzo in onore dell'Annunziata, ha avuto origine la nobil fiera dentro la città di Foligno" (P. Lugano, 1904).
Sul calare del secolo XV, con il trasferimento della fiera all'interno delle mura e con l'erezione da parte della comunità cristiana di un santuario dedicato all'Annunziata (la Nunziatella), all'interno della città, il culto verso l'Annunziata di Santa Maria in Campis fu obliterato a vantaggio di Maria Bambina solennizzata l'8 settembre.
Entrando in questa chiesa, sulla navata di sinistra, possiamo ammirare due bellissimi affreschi raffiguranti una Madonna con Bambino tra i santi Pietro e Paolo, opera di un pittore folignate della seconda metà del XV secolo del quale non se ne conosce il nome. Poco oltre un S. Antonio Abate attribuibile a Cristoforo di Jacopo, risalente al 1483. Nella parete della navata di destra invece, è raffigurato un S. Rocco del quale non se ne conosce l'autore.
Degna di essere visitata è la Cappella di Cola delle Casse. Essa fu realizzata nel 1452 e pregevolmente dipinta tra il 1466 e il 1470 probabilmente da Giovanni Mazzaforte e Pierantonio Mezzastris.
Sulla parete dell'altare, è presente una "Crocifissione" attribuibile allo stesso Mezzastris, mentre alla sinistra fa bella mostra l'immagine dell'Annunciazione, con in basso raffigurate S. Lucia e S. Elena attorniate da santi e beati. Anche di questo dipinto non se ne conosce l'autore, ma da alcuni particolari, si può desumere che esso sia opera di un artista di scuola quattrocentesca folignate. Nella parete di fondo troviamo la "Navicella di S. Pietro.
Nell'altra cappella è visibile un affresco raffigurante S. Antonio Abate in trono con scene rappresentanti la sua vita, attribuibile alla scuola di Giovanni di Corraduccio.
A questo punto non ci si può esimere dal visitare la cappella di Santa Marta o dei Trinci, affrescata con le storie di S. Tommaso e da una bellissima Crocifissione, considerata la più antica opera di Nicolò di Liberatore.
Per concludere, possiamo affermare che la chiesa di Santa Maria In Campis, detta anche di Santa Maria Maggiore, ebbe un suo importante ruolo in età alto medioevale, poi nel corso del basso medioevo, cessato il suo ruolo di pieve, come si è già accennato in precedenza, fu affidata dal vescovo di Foligno ai monaci Benedettini Cistercensi del Corpo di Cristo, ai quali subentrarono i monaci Benedettini Olivetani, rimasti custodi di una chiesa che ironia della sorte, è tornata ad essere in un certo senso "chiesa cemeteriale", riappropriandosi così di un ruolo che in un passato molto lontano le fu proprio.
NELLA FOTO: la chiesa di Santa Maria in Campis (primi anni 80 del 900)
di Sandro Capodimonti
VILLA CLIO CARPELLO
Villa Clio Carpello è stata sempre considerata una tra più prestigiose dimore gentilizie di campagna del folignate.
Posta su di un' altura prospiciente il paese collinare di Carpello, da essa si possono ammirare nella loro completezza le bellezze dell'intera pianura folignate.
Della villa non se ne conosce il nome dell'architetto che la disegnò, ma si sa per certo che venne commissionata dal nobile folignate Cosimo di Lorenzo Jacobilli nei primi anni del 1600, probabilmente ampliando una torre già esistente, sulla quale francesco Jacobilli, padre dell'erudito Ludovico , saliva per seguire i lavori di bonifica della pianura sottostante, all'epoca acquitrinosa e malsana.
Acquistata nel 1770 dalla famiglia Berardi originaria di Acqua Santo Stefano e nobilitata da Papa Pio VII nel 1815, ancora oggi è proprietà degli eredi diretti.
Il lungo viale che conduce all'antica dimora, fiancheggiato da cipressi e siepi di bosso, è preceduto da un elegante arco posto in prossimità della Statale Flaminia immediatamente dopo il bivio per Carpello.
Sulla sommità dell'arco è posta un'epigrafe con la scritta:
VILLA CLIO CARPELLLO
QUI' DIRESSE IL DISECCAMENTO DELLA PALUDE UMBRA
FRANCESCO JACOBILLI
QUI' SI ISPIRO' ALLA PATRIA ISTORIA
IL NEPOTE DI LUI LODOVICO
DECIO ANTONINI BERARDI
AI BENEMERITI - 1874
La dimora esternamente si presenta a pianta rettangolare a due piani più seminterrati, con alla sommità una torretta belvedere terminante con un loggiato a quattro finestre ad arco. Il portone d'ingresso immette in una piccola corte. L'atrio interno, mirabilmente affrescato dal genovese Giovanni Andrea Carlone, precede il salone e le sei stanze del piano nobile. Gli affreschi attingono alla mitologia greca e romana. La volta del salone è decorata con un affresco di notevoli dimensioni che rappresenta l'Olimpo, mentre nelle tre stanze di sinistra denominate di Giunone, dei Quattro Elementi, delle Arti del disegno, le volte sono decorate con allegorie che si rifanno rispettivamente a Giunone, a Giove, a Nettuno e Prometeo incatenato, nonché alle arti della Pittura, Scultura e Architettura. Le altre tre stanze di destra sono affrescate invece, con altrettante scene allegoriche che hanno come tema L'Aurora, il Valore, la Verità. Tutto il ciclo pittorico si fa risalire concordemente al 1670, in quanto in uno dei libri affrescati nella stanza del Valore vi si può ancora leggere sia questa data, sia la firma di coloro che ebbero il compito di adornarne gli affreschi, Nicolò Giuli e Giovanni Antonio Vincenti. Sotto la finestra del salone che si affaccia verso la pianura folignate, vi è un dipinto che rappresenta la dimora nella sua conformazione originale. La villa completamente abbandonata in seguito all'evento sismico del 1997, ora si presenta in avanzato stato di ristrutturazione in ogni sua parte. Essa in origine era circondata da due poteri e da un'ampia superficie di terreno coltivato a ulivo (circa 7000 piantoni) , ma al giorno d'oggi, rimangono ad adornarla soltanto una modica quantità di ulivi secolari e circa sei ettari di terreno per lo più coltivati a grano.