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formazioneFormazione educatori/animatori per guidare gruppi famiglia

La trasmissione della fede

L’accompagnamento degli adulti rappresenta oggi una scelta strategica decisiva per ricreare un tessuto comunitario nel territorio. Ciò che preoccupa è proprio l’assenza di figure adulte credenti e credibili che animino le parrocchie e rappresentino per i giovani un modello di riferimento.

“A noi sembra di poter affermare che in verità non solo la società attuale soffra di questa assenza di adulti, ma che la stessa realtà ecclesiale soffra di questa assenza di adulti e di adulti credenti. Proprio tale mancanza rende ragione di quella rottura nella trasmissione generazionale della fede e di quell’anoressia che oggi colpisce la cultura vocazionale in generale, di cui poi paga le conseguenze la generazione dei Millennials, in termini di un’omessa consegna di sapere intorno all’umano e al cristiano” (Armando Matteo, La Chiesa che manca, San Paolo, 2018) .

La comunità è chiamata prima di tutto ad una riflessione su cosa intendere per trasmissione della fede oggi nel territorio. Rileggere la realtà, valutare le prassi in atto e cosa è necessario ripensare per essere coerenti con la realtà delle persone e delle famiglie oggi.

La questione di fondo è come riportare al centro delle nostre relazioni Gesù: come richiamava il Documento Base sul Rinnovamento della Catechesi dei vescovi italiani: “Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo. In una parola, nutrire e guidare la mentalità di fede: questa è la missione fondamentale di chi fa catechesi a nome della Chiesa” (DB 38). Gesù è il ‘Dio tra noi’, colui che dà senso alla realtà che sperimentiamo, anche quella che passa attraverso le nostre relazioni, se è posto ‘tra’. Ecco allora che trasmettere può essere inteso non solo come trans (porre al di là) e mittere (mandare), consegnare alle generazioni a venire una promessa, ma come ‘mettere’ Gesù ‘tra’. Laddove sarete riuniti nel mio nome ‘Io sarò tra voi’ e quindi si realizzerà il Regno di Dio, che non è qui o là ma che è ‘in mezzo a voi’, ‘tra voi’.

IL METODO

Il metodo deve tener conto di quelle che sono i bisogni e interessi profondi dell’adulto in quella sua particolare fase di vita. Alcuni ricercano una sintesi personale della propria esperienza di vita e sono magari più disposte ad apprendere; altre sentono l’esigenza di fare chiarezza, valutare il suo percorso di vita e in questo caso, “non bastano normali incontri che propongono contenuti di fede: occorre partire dall’esperienza del momento e cercare di dare strumenti di riflessione appropriata che portino la persona a lavorare su di sé” (P. Sartor).

Un aspetto importante è che i genitori non percepiscano un accanimento ‘terapeutico’ verso di loro o che la proposta abbia un obiettivo strumentale di rievangelizzarli per rendere più efficace l’annuncio agli adolescenti.

Il percorso proposto è pensato per loro, non tanto in quanto padri e madri, ma in quanto uomini e donne che possano riscoprire le meraviglie che il Signore ha fatto e fa per loro, sentirsi toccati dalla dolcezza della sua misericordia, rivivere una tensione spirituale in grado di ridare senso alla loro esperienza di vita personale, di coppia e genitoriale.

“L’azione catechistica con e per gli adulti, non può essere pensata in forma unidirezionale; richiede il coinvolgimento attivo degli adulti stessi che non sono solo ricettori, ma depositari dello Spirito del Vangelo, nelle pieghe della loro vita” (Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, Incontriamo Gesù, 24).

Il modello dialogico. Il metodo proposto vuole mettere in dialogo la scrittura della vita quotidiana con la Sacra Scrittura: “in quanto mediazione dell’iniziativa di Dio in rapporto al cuore di ogni uomo, l’evangelizzazione è chiamata a far emergere la dimensione di scrittura della vita quotidiana, dunque, un annuncio che faccia più riferimento alla Scrittura, nel senso che sia più ispirato alla Scrittura e che faccia di più i conti con la scrittura (del quotidiano)” (S. Currò).

Se si vuole creare un dialogo tra le due scritture è necessario individuare un terreno comune, altrimenti il rischio è quello di generare un rapporto di conflitto o indifferenza o di assimilazione. Il terreno comune, sulla base del principio cardine della nostra fede, il principio di incarnazione, è l’umano, luogo di incontro tra Dio e la sua creatura. Come scriveva Luciano Manicardi, attuale priore di Bose, “Il primo criterio da sottolineare [nella lettura della Bibbia] è l’umanità o esistenzialità della Bibbia. La Bibbia parla un linguaggio umano. Parla dell’umanità dell’uomo e all’umanità dell’uomo.” L’umano è cuore delle scritture e della Scrittura.

 

CONTENUTI DEGLI INCONTRI DI FORMAZIONE

1 INCONTRO 10 GENNAIO 2019

  • Riflettere sulla situazione attuale dell’annuncio
  • Riflettere e confrontarsi su cosa intendere oggi per trasmissione della fede

2 INCONTRO 11 GENNAIO 2019

  • Quali strumenti abbiamo oggi per la trasmissione della fede
  • Quali prospettive per l’annuncio oggi

APPUNTI PER LA PREPARAZIONE DEGLI INCONTRI IN QUARESIMA

Per prima cosa alcuni accorgimenti e consigli organizzativi:

-          Previlegiare piccoli gruppi

-          Puntare non tanto alla quantità ma alla qualità e all’intensità dell’esperienza

-          Fare attenzione alle indicazioni date nel file ‘scheda di approfondimento’ sull’accompagnamento degli adulti

-          Curare la comunicazione dell’iniziativa soprattutto attraverso l’incontro diretto con le persone

Sarà poi importante definire un tema per il ciclo di incontri

Qui sotto riporto alcuni esempi usanti per itinerari con gli adulti, solo a titolo di stimolo

Itinerario GRAMMATICA DELLA VITA ADULTA

La vita adulta ha una sua grammatica, delle sue sfide, delle sue conquiste e passaggi che permettono di morire allo stadio della giovinezza per entrare e rigenerarsi in quello dell’età adulta. I temi sono segnati dalla parola APRIRSI per accedere a dei livelli di profondità interiore e di consapevolezza via via maggiori. Questo per recuperare la propria integrità di persone, così da amare con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutta la mente: amare con tutto se stessi, come persone integrate.

I temi del percorso

  • ABITARE SE STESSI – APRIRSI ALL’ASCOLTO INTERIORE
  • RICONOSCERE I LIMITI E VOLERSI BENE - APRIRSI ALLA REALTA’
  • PER CHI SONO IO? - APRIRSI AL PROSSIMO
  • ESSERE GENITORI AUTOREVOLI - APRIRSI ALLA GENERATIVITA’

Itinerario: I VERBI DELLA VITA

DIRE – tra Desiderio e Bisogno. L’etimologia di desiderio è conosciuta: “de-siderium” viene da “de-sideribus”, “dalle stelle”: il che sta a dire che il desiderio è tensione della persona verso qualcosa che la supera, che sta in alto, che brilla e perciò la affascina e la attira. Il desiderio non nasce dal basso, nasce dall’alto. Il DESIDERIO si lega alla storia, alla memoria e agli affetti dell’individuo. Anche alla fantasia. Mira alla ‘realtà fondamentale’, un punto focale che garantisce orientamento e significato al vivere e all’agire. Cerca ciò che dà senso e direzione. Non è impulso cieco ma tendenza verso ciò a cui si dà significato, a cui si riconosce un valore (per cui ha anche un aspetto conoscitivo).

FARE –tra Volontà, Responsabilità e Libertà. Come essere fedele a se stessi? Come si discernere concretamente? Come agire seguendo i propri desideri reali? Riconoscere – interpretare – scegliere: i verbi del discernimento. Riconoscere il senso delle scelte e la responsabilità che ne consegue nel divenire adulti. Riconoscere forze e freni interiori.

AMARE – tra Emozioni e dono di sé. La dimensione affettiva e la fragilità propria della condizione umana, determina la difficoltà nell’assumersi delle responsabilità, di operare delle scelte, di uscire da gusci di comfort e sicurezze irreali. Educare gli affetti è sostenere il soggetto nel suo percorso di crescita umana e spirituale per poter vivere nella libertà autentica la propria vita. Allo stesso tempo è accogliere la dimensione di vulnerabilità e di dono di sé, in quanto solo uscendo da sé è possibile sperimentare la gioia piena.

MORIRE – tra il Limite e il Senso della vita. Il tema della morte è uno di quelli che oggi l’educazione tratta in modo sempre più marginale. Ma si tratta di una esperienza di senso che venendo meno, nella sua realtà concreta e visibile (e non mediata in modo sensazionale dagli strumenti di comunicazione di massa), rischia di togliere sapore alla vita stessa, di non dare più un riferimento sapienziale all’esistenza.

Identificato l’itinerario e i singoli temi da trattare (un tema può essere spezzato anche in due incontri), si può procedere con la progettazione degli incontri.

Qui di seguito delle schede di progettazione secondo il metodo indicato nel file ‘Scheda di approfondimento’

TITOLO INCONTRO

APPROFONDIMENTO SUL TEMA. Riportare alcuni elementi di riflessione che emergono attraverso la lettura biblica, il magistero, la propria esperienza di vita, sggi di esperti o testimoni

  1. FASE D’INGAGGIO: stimoli per iniziare l’incontro

Indicare qui gli stimoli che si potrebbero usare: video, poesia, preghiera, canzone, un immagine o metafora,…

  1. FASE NARRATIVA: strumenti per facilitare il confronto delle scritture. Aiutare le persone a raccontarsi sul tema scelto

Indicare come gestire questa fase. Esempio in piccoli gruppi o tutti insieme. Quale è lo stimolo che permette alle persone di raccontarsi: tema o domanda. Raccogliere poi quanto emerge su un cartellone per cogliere degli elementi comuni di senso.

  1. FASE BIBLICA: in ascolto della Scrittura.

Indicare il brano biblico ed elementi di commento. Questa fase è gestita da chi conduce l’incontro, leggendo e presentando un brano biblico. Dopo la lettura e breve commento si lascia alle persone far emergere gli elementi che più li hanno colpiti.

  1. FASE DIALOGICA: il confronto tra le scritture e la Scrittura.

Si metteranno a confronto le dimensioni di senso emerse nella fase narrativa con quelle della fase biblica cogliendo gli elementi in comune.

  1. CONGEDO: chiudere per aprire

Indicazioni su come concludere l’incontro: preghiera, gesto, segno….

ATTENZIONI E RISCHI NELL’INCONTRARE GLI ADULTI

            Un approccio che un adulto non ama e a cui di solito reagisce irrigidendosi e con insofferenza, è il tentativo di organizzare incontri volti a spiegargli cosa e come deve fare (come essere un bravo padre o una brava madre, un buon cristiano,…). Sono modalità che possono essere percepite come interventi curativi, o intromissioni sulla vita delle persone. È il modo in cui ci si pone nei loro confronti che spesso li rende non collaborativi e partecipi. Teniamo anche presente che un adulto in formazione presenta delle maggiori resistenze rispetto a un ragazzo: è una persona con una storia ben definita, che desidera sia valorizzata e riconosciuta; è un soggetto che ha raggiunto una sua autonomia e non è disposto a rimetterla in discussione, tornando a essere trattato come ai tempi della scuola quando era un semplice studente; ha delle convinzioni forti che nel tempo ha maturato, delle pre-comprensioni e dei pre-giudizi, che vanno a definire il suo sistema di interpretazione della realtà e di valori che non è facile rivedere senza rimettersi profondamente in discussione. Risulta chiara allora la delicatezza della situazione.

Spazi per ascoltarsi e comprendersi. Prima di tutto è necessario partire da un atteggiamento accogliente più che saccente. Condividere momenti anche informali, dove conoscersi, raccontarsi, instaurare con essi un rapporto che superi i ruoli, in modo da attenuare le possibili resistenze iniziali e scoprirsi portatori di interessi simili. Creare spazi dove raccontare le proprie personali preoccupazioni, frustrazioni e disagi, luoghi di ascolto reciproco e di comprensione, dove non essere giudicati e dove parlare in prima persona e non con la presunzione di sapere già le opinioni altrui.

Indicazioni di fondo. Aspetti importanti da tenere presenti, se vogliamo instaurare un vero e proprio processo di coinvolgimento degli adulti, sono:

-         il prendere realmente in considerazione la realtà concreta delle persone che incontriamo, in quanto non ameranno sentirci parlare in astratto o ascoltare teorie psico-pedagogiche o teologiche;

-         l’ammettere la difficoltà e la complessità da parte di tutti (insegnanti, genitori, educatori, allenatori) di essere uomini e donne, padri e madri, mogli e mariti oggi, e la volontà reale di intraprendere insieme un percorso di scambio e riflessione per sostenerci vicendevolmente in questa missione;

-         il desiderio da parte di un adulto, nel momento in cui decide di dedicare il proprio tempo a un incontro (togliendolo alla famiglia, al lavoro, ai propri interessi personali), di sperimentare che quello che sta facendo gli sarà veramente utile e non si è trattato solo di «chiacchiere»; un adulto quindi desidera sempre portare a casa qualcosa di nuovo.

Allora occorre:

-         determinare, prima di cominciare, il tempo da occupare per l’incontro, non protraendo il tempo oltre misura (di solito gli incontri proposti sono stati della durata di 1-2 ore)

-         proporre attività che presentino immediatamente il lato utile; non si intende tanto una utilità strumentale, in termini di saper fare o gestire qualcosa, ma di utilità spirituale, esistenziale (sentire di aver vissuto un’esperienza utile nel dare senso alla propria vita)

-         non sovraccaricare mai un incontro

-         la puntualità

IL METODO DIALOGICO

Lo stile di conduzione degli incontri

            Il metodo deve tener conto di quelle che sono i bisogni e gli interessi profondi dell’adulto nella sua particolare fase di vita. Alcuni adulti ricercano una sintesi personale della propria esperienza e sono magari più disposti ad apprendere; altri sentono l’esigenza di fare chiarezza, valutare il proprio percorso di vita e in questo caso, “non bastano normali incontri che propongono contenuti di fede: occorre partire dall’esperienza del momento e cercare di dare strumenti di riflessione appropriata che portino la persona a lavorare su di sé”[1].

            È importante che i partecipanti non percepiscano un accanimento ‘terapeutico’ verso di loro (come dover essere buoni cristiani, o buoni genitori). “L’azione catechistica con e per gli adulti, non può essere pensata in forma unidirezionale; richiede il coinvolgimento attivo degli adulti stessi che non sono solo ricettori, ma depositari dello Spirito del Vangelo, nelle pieghe della loro vita”[2].

            Nel contesto italiano c’è anche da sottolineare che la maggioranza delle persone adulte è già stata iniziata alla fede. Questo, più che favorire una proposta come quella qui presentata, può al contrario rendere l’invito più difficile: sono persone che conoscono il cristianesimo ma ne hanno una visione parziale, confusa e in alcuni casi distorta. Con una fede il più delle volte basata su abitudini che su una scelta libera e consapevole. “Ci aiuta a comprendere che queste persone non sono una tabula rasa, ma che hanno un vissuto che va preso in considerazione, lasciato esprimere, rielaborato. Il fatto è che niente è più difficile che stupire dei cristiani praticanti e abitudinari: non si stupiscono più di niente! Così come per chi si è allontanato, pieni di pregiudizi, esperienze negative, resistenze, allergie, timori”[3]. Si tratta di partire allora non dal punto in cui ci troviamo noi ma dal punto in cui si trovano loro, aiutandoli a riscoprire la gioia e l’autenticità del Vangelo.

            È importante anche avere chiaro che per queste persone ri-avvicinarsi alla fede non significa «ritornare indietro»! Non si tratta per loro di riprendere un percorso laddove lo avevano lasciato. Si tratta piuttosto di andare avanti, di assumere tutta la loro storia con ciò che essa comporta di esperienze, di gioie, di pene, di convinzioni e di dubbi, per ricominciare a credere ma diversamente, su altri basi, con una freschezza, intelligenza, libertà nuove.

Il paradigma dialogico: quando le scritture e la Scrittura si incontrano

            Il metodo adottato vuole mettere in dialogo la scrittura della vita quotidiana con la Sacra Scrittura: “L’evangelizzazione ha delle regole e ha una sua scrittura. La Sacra Scrittura, interpretata nella tradizione vivente della Chiesa, le dà le sue regole. La Scrittura è la sua scrittura. Ma in quanto mediazione dell’iniziativa di Dio in rapporto al cuore di ogni uomo, l’evangelizzazione è chiamata anche a far emergere la dimensione di scrittura della vita quotidiana, dunque, un annuncio che faccia più riferimento alla Scrittura, nel senso che sia più ispirato alla Scrittura e che faccia di più i conti con la scrittura (del quotidiano).”[4]

Si tratta di due realtà che hanno entrambe una propria specifica dignità, anche se di natura diversa. Entrambe rappresentano luoghi e linguaggi produttori di senso. Troppo spesso la ‘scrittura’ è stata vista come qualcosa da interpretare alla luce della Scrittura, come territorio da colonizzare e civilizzare. Vista più come oggetto che come soggetto che avesse anch’esso qualcosa da dire, più come una realtà da svelare tramite un codice esterno che portatrice in se stessa di un valore interno.

Nell’evangelizzazione questo ha portato alla definizione di vari metodi, in particolare: il metodo deduttivo, dalla Parola alla vita; il metodo induttivo, dalla vita alla Parola; il metodo ermeneutico, reciprocità tra Parola e vita dentro un circolo interpretativo che va da un lato all’altro della relazione.

Il rischio è quello di porsi come conduttori di un percorso chiaro e delineato a priori, che rischia di lasciare ben poco spazio alle incursioni della vita, che sorprende e cambia, che è un’avventura inserita in un contesto sempre più problematico e difficilmente catalogabile. La tentazione dell’insegnare, in-signàre, del lasciare segni predefiniti e a volte distanti dalle domande delle persone, o ponendo domande che ancora essi non sono in grado di farsi, è forte e vi cadiamo anche quando ne conosciamo il rischio.

Se si vuole creare un dialogo tra le due scritture è necessario individuare un terreno comune, altrimenti il rischio è quello di generare un rapporto di conflitto, di indifferenza o di assimilazione. Se il metodo induttivo e deduttivo rischiano di asservire una scrittura all’altra, il metodo ermeneutico rischia di attivare un processo dialettico basato non sull’incontro ma sull’interpretazione ‘a partire da’. Da qui la necessità di un altro paradigma, quello dialogico. Nel paradigma dialogico si tratta di estrapolare al di là degli specifici linguaggi e grammatiche, gli elementi di senso su cui generare un incontro. L’uso di questo metodo non vuole mettere in discussione la validità degli altri ma solo favorire un approccio che si ritiene più efficace dentro la dimensione del secondo annuncio, o ri-evangelizzazione degli adulti.

Ciò che entra in dialogo non sono dunque i diversi linguaggi, caratterizzati da proprie grammatiche, ma il senso prodotto da ognuna delle due scritture. Si tratta di cogliere la profondità e pari dignità di ciascuna di esse, mettere in dialogo il senso che esse custodiscono per generare un senso sempre nuovo. Un senso frutto di una nuova scrittura, una scrittura cristiana, scrittura dell’uomo alla luce del Cristo.

Il terreno comune, sulla base del principio cardine della nostra fede, il principio di incarnazione, è l’umano, luogo di incontro tra Dio e la sua creatura. Come afferma Luciano Manicardi, attuale priore di Bose, “Il primo criterio da sottolineare [nella lettura delle Sacre Scritture] è l’umanità o esistenzialità della Bibbia. La Bibbia parla un linguaggio umano. Parla dell’umanità dell’uomo e all’umanità dell’uomo.” L’umano è cuore delle scritture e della Scrittura.

          Prendiamo la scrittura dell’uomo. Si tratta di individuare il senso custodito nelle cose della vita, quegli elementi di verità, semina verbi, presenti in esso. Mettendo tra parentesi le interpretazioni dell’una parte sull’altra. Ad esempio: l’esperienza della libertà, del dolore, del desiderio, della gioia,… Si tratta di attivare un linguaggio comune per permettere un dialogo. Un linguaggio che non richieda interpretazioni/traduzioni di partenza, in modo da far emergere un senso comune. Altrimenti il rischio è di parlare ognuno con il proprio linguaggio in chiave dialettica e non dialogica: come se ognuno dovesse interpretare l’altro e dare ragione all’altro delle proprie verità. Nel paradigma dialogico si tratta di estrapolare al di là degli specifici linguaggi e grammatiche, gli elementi di senso su cui generare un incontro.

Questo cambio di paradigma si collega anche al passaggio «dall’insegnare al consegnare». Con-segnare, come segnare insieme, ma anche offrire all’altro da condividere e far progredire qualcosa di imperfetto, di incompleto. Non tanto in-segnare una risposta, quanto consegnare delle domande che rappresentano pezzi di strada da poter percorrere insieme.

           

            La struttura degli incontri

            Per ogni incontro o serie di incontri (in base alla durata di ogni appuntamento), sono state consegnate alle coppie accompagnatrici due strumenti:

-         una SCHEDA DI APPROFONDIMENTO, stimoli e riflessioni per prepararsi sul tema. Non si trattava di materiale da studiare per ripeterlo ai partecipanti, ma di un materiale di riflessione personale che andava poi integrato con la propria esperienza di vita e utile per supportare le fasi di rilettura e sintesi di quanto poteva emergere nei gruppi.

-         una SCHEDA OPERATIVA, con la descrizione degli strumenti da poter usare per la gestione dell’incontro, e la scansione della sequenza delle fasi in cui l’itinerario tematico era strutturato. Nelle schede per ogni fase erano presentati più strumenti operativi, lasciando la scelta ai conduttori di usare la modalità che sentivano più congeniale al loro stile. Anche in questo caso le coppie accompagnatrici erano libere di integrare il materiale con strumenti o stimoli che derivassero dalla loro esperienza.

Soffermiamoci sulla Scheda Operativa, in quanto ci permette di descrivere la struttura che veniva proposta per guidare gli incontri:

  1. FASE D’INGAGGIO: stimoli per iniziare l’incontro. In questa fase si vuole creare un clima accogliente, che aiuti gradualmente le persone ad aprirsi e relazionarsi tra loro, sciogliendo possibili tensioni e resistenze iniziali. Si vuole anche incuriosire i presenti in merito al tema proposto, attraverso stimoli che facciano comprendere che non sono lì per ascoltare ricette pronte o formule prestabilite, ma che è rivolto loro l’invito a prendere parte ad un processo di co-definizione di significati, a dare senso insieme alla realtà che si sperimenta.
  2. FASE NARRATIVA: strumenti per facilitare il confronto delle ‘scritture’. In questa fase si cerca di far emergere dai partecipanti i loro vissuti, storie da cui trarre senso. Per favorire le narrazioni personali vengono proposti degli strumenti di pedagogia narrativa. Dalle storie di vita si cercherà insieme di rintracciare quella dimensione di senso che le accomuna, che riflette la nostra profonda umanità e creaturalità. Si invitano i partecipanti a cogliere quegli elementi chiave che risuonano più frequentemente e a riportarli su un supporto cartaceo condiviso. Si fa insieme, non deve essere il conduttore a tirare le sue conclusioni.
  3. FASE BIBLICA: in ascolto della Scrittura. Si propone una Scrittura, un brano biblico dove possa emergere il tema proposto. Il brano viene letto o narrato e se ne evidenziano alcuni elementi. In base al tempo a disposizione si può dare una copia del testo ai presenti e chiedere loro in piccoli gruppi di rileggerlo personalmente e condividerlo. Oppure, se il tempo è poco, il conduttore richiamerà direttamente lui alcune chiavi di lettura collegate al tema dell’incontro. Quello che emerge viene messo in un secondo supporto cartaceo. In questo modo abbiamo due cartelloni: quello delle scritture, il senso emerso nei racconti personali; quello della Scrittura, il senso emerso dalla Parola di Dio
  4. FASE DIALOGICA: il confronto tra le scritture. Le scritture e la Scrittura vengono messe a confronto, cogliendone i punti di contatto e aprendoci così ad un senso più profondo. È il confronto tra quanto emerso nella fase narrativa e nella fase biblica. Si può semplicemente mettere a confronto quanto riportato nei due cartelloni e cercare insieme gli elementi in comune, i punti di contatto, di dialogo. Quale senso profondo le due dimensioni condividono? Come la Scrittura può aiutarci ad andare più a fondo e ci può orientare? In base al tempo a disposizione e al numero dei presenti ci si può confrontare insieme o in piccoli gruppi di 5-6 persone. Qui l’obiettivo non è tanto far emergere il lato personale della vita, come nella parte narrativa, né nuovi contenuti, ma dei criteri di riferimento in grado di ispirare e guidare le persone.
  5. CONGEDO: chiudere per aprire. Un momento finale che non venga percepito come la chiusura di un libro ma come la possibilità di aprirsi a qualcosa di più grande e più bello. Non una chiusura che mette il punto al termine del paragrafo, ma che apre ad una scrittura personale sulla scia di quanto sperimentato.

            Le fasi che caratterizzano ogni singolo tema possono essere vissute tutte all’interno dello stesso incontro (se si dispone di almeno due ore), oppure possono essere suddivise in almeno due incontri più brevi.

UN ESEMPIO

ABITARE SE STESSI

Aprirsi all’ascolto interiore

 abitare se stessi

 

L’ETA’ IN CUI ANDARE NEL BOSCO

Un proverbio indiano parla di 4 stadi nella vita dell’uomo:

  1. Quello nel quale si impara
  2. Quello nel quale si insegna e si servono gli altri mettendo a punto ciò che si è imparato
  3. Quello in cui si va nel bosco, stadio del silenzio, della riflessione, del ripensamento
  4. Quello in cui si impara a mendicare, stadio del dipendere dagli altri

L’età adulta è l’età in cui apprendere l’arte di fare silenzio, di riflettere e acquisire profondità nel vedere e sentire il senso delle cose. Non è più l’età della giovinezza caratterizzata dall’avventura e dall’energia piena, in cui anche le scelte incerte e gli errori erano parte dello sviluppo pieno della persona. Entrare nell’adultità richiede il tempo in cui abitare se stessi, aprirsi al sé profondo.

Perché è dall’interno che si è illuminati e non dall’esterno.

Se illuminiamo qualcosa dall’esterno quello che attrae la nostra attenzione sono le ombre che la luce proietta sul piano. Le irregolarità. Ma se lo stesso oggetto come una lanterna fosse illuminato dall’interno ne scorgeremo la sua bellezza. Siamo lanterne, create per essere illuminate dall’interno, portatrici di una bellezza unica, che attende di essere rivelata in quanto immagine e somiglianza di una bellezza creatrice.

INTERIORITA’ PER ME… (ALCUNE CONSIDERAZIONI EMERSE IN UN GRUPPO DI LAVORO)

-          Sperimentare una MANO che ti aiuta, ti sorregge, ti assiste e cura

-          Una relazione di reciprocità, un dare e avere anche nella relazione interiore

-          Spazio di Pace

-          Un cammino non vissuto da solo; non una corsa che ci porta a tralasciare le cose importanti, a non vedere le meraviglie che Dio realizza intorno a noi

-          Interiorità come una finestra dalla quale affacciarsi

-          Sentirsi come un FIGLIO amato, sperimentare questa profonda consapevolezza

-          È uno stare in RELAZIONE, insieme per camminare

-          Spesso si ha il TIMORE, la PAURA di guardarsi dentro

-          Sentirsi amati per primo ci aiuta ad avere la fiducia e superare le paure

-          Una RELAZIONE in cui darsi il TU, personale, non è stare nella Folla, nella massa, sono CHI-AMATO con il mio nome

SCHEDA OPERATIVA

  1. abitare se stessiFASE D’INGAGGIO: stimoli per iniziare l’incontro

Chi guida l’incontro può scegliere uno dei seguenti stimoli.

IMMAGINE: SAMARITANA AL POZZO

Quadro di Sieger Koeder. Lasciare l’immagine proiettata da osservare in silenzio per un po’ di tempo. Invitare ad osservarne i particolari e coglierne degli elementi di originalità.

Alcuni elementi:

-          Il volto di Gesù che non è presente fuori ma all’interno del pozzo

-          La luce che viene da dentro e non da fuori, illuminando il volto della samaritana

-          Nell’acqua i due volti si guardano, si osservano come ad indicare che nel profondo vi è una relazione, un dialogo

-          Per osservare dentro occorre che l’acqua sia serena, altrimenti l’agitazione smuoverebbe solo lo sporco del fondale lasciando non visibili i volti e offuscando la luce

RACCONTO: I TRE PORCELLINI, LA STORIA ORIGINALE

3 porcellini3 PORCELLINI. Chiedere ai presenti come racconterebbero la storia.

Spiegare che raccontare la storia nella versione che la Disney ci ha riconsegnato vorrebbe dire perderne il valore pedagogico. Il primo e il secondo vengono mangiati dal lupo e non scappano nella casa del fratello, perché per procedere dall’infanzia alla giovinezza alla vita adulta occorre morire allo stadio precedente.

RACCONTO INDUISTA. Si può far uso anche del racconto induista riportato sopra.

  1. FASE NARRATIVA: strumenti per facilitare il confronto delle scritture

FOTOLINGUAGGIO

Materiale: set di foto

Tempo: 20 minuti

Obiettivi: approfondire e condividere un tema attraverso le suggestioni e narrazioni dei singoli

Svolgimento. Si dispongono a terra, al centro della stanza, delle immagini o foto.

Prima fase: si invitano i partecipanti a sceglierne una (se richiesto si può concederne una seconda) che secondo loro rispondono al tema dato:

“Scegliere un’immagine che esprima un episodio della mia vita in cui mi sono messo in ascolto interiore [di Dio, in cui ho cercato un dialogo con Lui sincero], in cui ho sentito che c’era qualcosa di più di quello che vedevo…”

Quando ognuno avrà individuato la sua immagine, tornerà al posto senza prenderla.

Seconda fase: una volta che tutti si sono seduti, s’invitano i partecipanti ad andare a prendere la foto. Se alcune persone hanno scelto la stessa foto si mettono vicino.

Si formano gruppi da 4 persone circa, dove si chiede di raccontarsi attraverso quella foto.

Terminata la fase in gruppi, ai quali si lasciano almeno 15 minuti si torna tutti insieme.

Si chiede ad ogni gruppo ma lasciando anche ai singoli di integrare e aggiungere, cosa è emerso nei racconti personali che più li ha colpiti e toccati.

Su un cartellone si realizza una mappa di tutto ciò che è emerso, mettendo parole chiave, simboli, verbi, immagini significative.

  1. FASE BIBLICA: in ascolto della Scrittura

Nel nostro incontro sono emersi i seguenti brani biblici:

-          Brani in cui si narrano gli incontri tra Gesù e alcune persone che emergono dalla folla:

  • Zaccheo
  • La Samaritana al pozzo

-          Esodo, Dio che accompagna il suo Popolo nel deserto: categoria del deserto come luogo di ascolto e incontro con Dio

-          Maria che serbava nel suo cuore quando vedeva

-          Padre Misericordioso

-          Elia sotto l’albero

-          Adamo dove sei?

libroNel suo ‘IL CAMMINO DELL’UOMO’, Martin Buber indica come prima tappa di maturazione il ‘ritorno a se stessi’:

-          “ADAMO DOVE SEI?”

-          Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l’esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento. Proprio nascondendosi così e persistendo sempre in questo nascondimento ‘davanti al volto di Dio’, l’uomo scivola sempre più profondamente, nella falsità. Si crea in tal modo una nuova situazione che, di giorno in giorno e di nascondimento in nascondimento, diventa sempre più problematica. È una situazione caratterizzabile con estrema precisione: l’uomo non può sfuggire all’occhio di Dio ma, cercando di nascondersi a lui, si nasconde a se stesso.

-          Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: “Mi sono nascosto”. Qui inizia il cammino dell’uomo.

-          Più si cresce nella responsabilità più sono necessari momenti di RITIRO E DI SILENZIO. L’adulto è in grado di riflettere su di sé e ciò gli dà la possibilità di confrontarsi con la sua fede. Verso una piena consapevolezza (35-40 anni di solito) che non è per tutti purtroppo.

Introdurre e fornire alcune chiavi di lettura al brano proposto

In piccoli gruppi condividere il brano alla luce della propria vita ed esperienza: ‘cosa il brano mi dice?’

Raccogliere su un cartellone quanto emerso dai gruppi.

  1. FASE DIALOGICA: il confronto tra le scritture e la Scrittura

Confronto tra quanto emerso tra le due fasi: fase narrativa e fase biblica

  1. CONGEDO: chiudere per aprire

Si possono riconsegnare le foto usate nella prima fase e chiederne di sceglierne una che possa esprimere come hanno vissuto l’esperienza e cosa li abbia colpiti.

Preghiera finale.

 


[1] P. Sartor, Catechisti si diventa. L’iniziazione cristiana dei ragazzi alla luce dei nuovi orientamenti CEI, EDB, Bologna 2014, p. 35.

[2] Commissione Episcopale per la Dottrina della Fede, l’Annuncio e la Catechesi, Incontriamo Gesù. Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia, n. 24.

[3] E. Biemmi, Il Secondo annuncio. La grazia di ricominciare, EDB, Bologna 2011, pag. 4.

[4] S. Currò, Il senso umano del credere. Pastorale dei giovani e sfida antropologica, Elledici, Torino 2016 (2011), pp. 183-184.